STORIE DAL MONDO – Sara, franciacortina di passaggio, con il sogno di tornare. E per realizzare questo sogno studia per diventare insegnante di italiano.

STORIE DAL MONDO – Sara, franciacortina di passaggio, con il sogno di tornare. E per realizzare questo sogno studia per diventare insegnante di italiano.

Sara Kharmoud nasce in Marocco il 13 agosto 1994, ma diventa franciacortina dall’età di tre anni quando la famiglia arriva prima ad Adro (1997) e poi a Zocco di Erbusco (2001). In 18 anni impara a conoscere il nostro territorio innamorandosi ogni giorno sempre più delle sue passeggiate, dei suoi tramonti e dei suoi profumi.

Da Erbusco con il Monte Orfano a pochi passi, a Mulhouse una città nell’est della Francia, vicino al confine con la Svizzera e con la Germania. Quanti anni avevi quando hai deciso di trasferirti e provare questa nuova esperienza?

Mi sono trasferita qui a Mulhouse verso ottobre del 2015; avevo da poco compiuto 21 anni, quando i miei genitori hanno deciso di trasferirsi ed io ho deciso di seguirli. All’inizio è stato difficile, e non posso negare che non ho mai immaginato la mia vita lontana dall’Italia. Nonostante le mie origini marocchine, sono cresciuta in Italia e tornavo in Marocco solo d’estate, pensavo che l’Italia fosse la mia casa e non vedevo il mio futuro lontano da questa terra. Una terra, nella quale sono cresciuta, ed alla quale non avrei mai voluto dire «arrivederci» o «addio».

Ci hai accennato delle origini marocchine della tua famiglia. A che età sei arrivata ad Erbusco?

Io sono nata in Marocco e sono arrivata in Italia che avevo circa 3 anni. La mia famiglia prima ha trovato casa ad Adro e successivamente ci siamo trasferiti a Zocco poco prima che io iniziassi a frequentare la seconda elementare. Successivamente sono nati i miei fratelli e siamo cresciuti in franciacorta fino al 2015 quando siamo partiti per Mulhouse.

Il trasferimento in Francia dei tuoi genitori, è dettato da motivi lavorativi?

Si, il trasferimento in Francia ed il conseguente distacco dalla mia amata Franciacorta, è dovuto a motivi di lavoro. Prima si è trasferito mio padre, poi hanno preso la decisione che tutta la famiglia l’avrebbe seguito.

In questo periodo a Mulhouse, qual è il tuo ricordo più significativo?

La prima cosa che mi ha colpita qui a Mulhouse, è stata l’architettura gotica con tanto di corvi nelle vie. E poi, credo che ci sia stato anche il periodo in cui ho dovuto accettare il fatto che non c’erano molte cose a cui ero abituata in Italia; cose che oramai facevano parte del mio quotidiano: i profumi, i colori e il sapore del cibo era cambiato. Ma ricordo anche come i francesi sono molto educati e gentili; salutano e ringraziano sempre. All’inizio questa cosa mi aveva colpito moltissimo, ora mi ci sono quasi abituata.

Da un piccolo paese, ad una città; hai fatto fatica ad ambientarti in questa nuova realtà?

Si, ho fatto molta fatica ad ambientarmi. Questo, quasi esclusivamente, perché non conoscevo la lingua. E così ho fatto mille corsi per studiarla, e dopo nemmeno tre mesi ho iniziato a lavorare come commessa. Poi, mi sono “buttata” a parlare con la gente; ho trovato i francesi sono molto aperti, curiosi, interessati a conoscere la provenienza del mio accento e, soprattutto, sempre pronti ad incoraggiarmi.

Parlando del tuo arrivo a Mulhouse, quali progetti avevi quando sei partita? E quali sono i progetti futuri?

In realtà, sono partita senza progetti e senza sapere nulla su quale fosse il mio futuro. Avevo smesso di frequentare l’Università per seguire i miei genitori e miei fratelli, così appena arrivata qui la mia idea era quella di ripartire da zero. Mi sono data un anno di tempo per imparare la lingua, e poi mi sono iscritta all’università à Mulhouse, nella facoltà di culture letterarie europee, che mi permetteva di studiare letteratura italiana e francese ma anche di continuare a sentire il suono della lingua italiana in modo da sentirmi un po’ a casa. Al terzo anno, ho potuto fare l’Erasmus in Italia e mi sono laureata a Bologna, anche se è scoppiata la pandemia, sono contenta di essere riuscita a terminare gli studi lì. Tra i miei progetti futuri, per ora c’è quello di diventare professoressa di Italiano qui in Francia, e ad oggi sto frequentando un master che mi sta preparando a percorrere questa strada.

Qual è oggi il tuo rapporto con la lingua francese? E come proseguono, invece, gli studi per diventare insegnante di italiano?

Ad oggi devo dire che il mio rapporto con il francese è decisamente positivo; dal mio arrivo qui, anche se ho imparato molto, continuo a scoprire cose nuove. Se penso al mio arrivo in Francia dove, per chiedere qualcosa alla gente, parlavo solo in inglese, oggi parlo e penso in francese. Ma questo, a volte, non impedisce alla mia testa di andare in confusione; quattro lingue diverse tra loro sono difficili da gestire, ma a volte è anche divertente.

Parlando invece dei miei studi, posso dire che proseguono molto bene; ogni giorno che passa mi appassiono sempre più alla materie e mi rendo conto che quella che ho deciso di intraprendere è la strada giusta. Se a questo aggiungiamo il fatto che i giovani francesi sono incuriositi dall’Italia e dall’italiano, tutto diventa più facile.

Di cosa ti occupavi in Italia prima di partire? E di cosa ti occupi a Mulhouse?

Prima di partire per la Francia con la mia famiglia, ero una studentessa al secondo anno di giurisprudenza all’Università di Bergamo, e con il mio arrivo qui a Mulhouse ho cambiato percorso iscrivendomi alla facoltà di Lettere.

Se al termine del tuo percorso di studio avessi la possibilità di tornare in Italia ad insegnare, saresti pronta a lasciare la tua famiglia per fare questo viaggio da sola?

Premesso che il percorso di studi che ho intrapreso mi permetterebbe di insegnare anche in Italia, se ne avessi la possibilità sarei molto contenta. Ma soprattutto credo che sarei pronta ad intraprendere questo viaggio da sola perché non ho paura di scoprire cose nuove o trovarmi in un nuovo paese. Ad oggi posso dire di aver fatto la mia esperienza e penso di essere in grado di ripartire da zero in un qualunque posto. E poi in Italia sono cresciuta, quindi per me sarebbe comunque un ritorno a casa.

Da quando sei a Mulhouse, qual è stata l’esperienza che ti ha lasciato il segno più indelebile?

L’esperienza che mi ha lasciato il segno più indelebile sicuramente è stata quelle di conoscere gente che proveniva da tutto il mondo e, ad ogni incontro, meravigliarsi sempre di una nuova cultura. Apprendere cose nuove con gente che non avrei mai nemmeno immaginato di avere la fortuna di incontrare.

In questi 6 anni in Francia, hai avuto modo di incontrare altri franciacortini che hanno lasciato la loro terra per trasferirsi all’estero?

Qui a Mulhouse, dove sono io, non ho mai incontrato nessun franciacortino; ma, in compenso, come nel resto della Francia, ci sono molti italiani. E non posso nascondere la mia gioia quando ho l’opportunità e la fortuna di conoscerli per poter parlare con loro ed ascoltare la loro esperienza.

Tra loro trovi persone che sono arrivate qui negli anni 50 e persone che, invece, sono appena arrivate e stanno ancora cercando di ambientarsi. Ma ognuna di queste storie è interessante, e dai loro racconti puoi osservare come la cultura e la tradizione italiana possano vivere e sopravvivere anche in un altro paese nelle cose più semplici.

Come è la vita di un franciacortino all’estero? Quali sono le principali differenze con l’Italia?

La vita di un franciacortino è ovviamente differente; ti manca l’Italia e il tuo paese, ti mancano i sapori e la bellezza in generale quotidianamente quel mondo ti offre. Le differenze sono tantissime; cambia la mentalità, e cambiano anche i costumi. Arrivando qui, ma anche in un discorso più generale, devi essere pronto ad abbracciare una nuova cultura.

Ripensando alla Franciacorta, quale luogo ti è rimasto nel cuore?

Se chiudo gli occhi e penso alla mia Franciacorta, mi immagino ancora ripercorrere la strada del mio paesino per arrivare alla scuola elementare, passare vicino alla chiesa ed arrivare all’oratorio. Oppure fare le lunghe passeggiate con dei tramonti magnifici. Tutta la Franciacorta mi è rimasta impressa nel cuore.

Non ti è mai capitato di sentirti sola o di aver voglia di mollare tutto per tornare a casa?

All’inizio, mentre facevo fatica ad ambientarmi, più di una volta ho pensato che avrei voluto ritornare a casa, ma dall’altro lato ho avuto la fortuna di avere la mia famiglia accanto e di trovare in loro il coraggio per poter andare avanti.

Come si superano questi momenti difficili dove la mente pensa ai profumi ed ai colori della Franciacorta?

Bella domanda! Quando senti quella nostalgia dei profumi e colori, cerchi di aggrapparti ai ricordi mentre per avvicinarti anche solo un poco a quei sapori, cerchi un vero ristorante italiano nel quale speri di troverai un po’ della tua terra… E poi oggi, fortunatamente, ci sono i social network che ti permettono di rimanere in contatto con quella che è stata la tua vita e rimanere aggiornata su tutto (o quasi). E da quando sono qui, per quasi 3 anni ho dovuto vivere di ricordi prima di poter  ritornare in Italia e riaccendere la luce in quella stanza del mio passato.

Cosa porteresti della Franciacorta a Mulhouse?

Porterei il paesaggio, i tramonti, il cibo, e gli amici; le cose più semplici ma quelle di cui, quando sei lontano da casa, senti più la mancanza.

Se tornando in Franciacorta potessi mettere in valigia qualcosa di Mulhouse o della Francia, cosa porteresti con te?

Invece in Italia poterei forse la loro “politesse” francese. Del cibo, probabilmente non porterei nulla, non perché non sia buono ma perché su quello sono molto difficile. E poi porterei la loro apertura mentale al mondo e la loro positività.

Qual è oggi, il tuo rapporto con l’Italia, e ogni quanto torni ad Erbusco?

Il mio rapporto con l’Italia è tutto; è un amore indissolubile grazie al quale sto cercando di realizzare la mia carriera lavorativa, insegnando l’italiano per non essere mai lontana da quel pezzo di cuore che ho lasciato quando sono partita. Da quando sono partita, purtroppo non sono più tornata; volevo tornaci l’anno scorso ma con la pandemia non ho potuto fare nulla.

Parlando ancora di Mulhouse, Città d’Arte e di Storia, una «Manchester alla francese» piena di spirito creativo e con uno straordinario patrimonio, cosa ti ha colpito di più di questa città?

Di Mulhouse, città internazionale, mi hanno colpito la sua architettura, e il suo patrimonio tedesco e francese. È una citta molto accogliente e un pochino bizzarra, dove fa anche molto freddo. Un freddo al quale, dopo 5 anni, non mi sono ancora abituata.

Vivi Franciacorta

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