STORIE DAL MONDO – Amedeo, sognavo Santo Domingo e mi sono ritrovato in Cina

STORIE DAL MONDO – Amedeo, sognavo Santo Domingo e mi sono ritrovato in Cina

La storia di Amedeo sembra tratta da un romanzo o, addirittura, da un film di Natale. Ed oggi, a 63 anni compiuti, è lui stesso a raccontarcela.

Il suo sogno di ragazzo era quello di lasciare l’Italia con destinazione Santo Domingo, ma una serie di coincidenze, il lavoro, ed una nuova sfida da affrontare, l’hanno portato in Cina. E convinto di poter adattare questo nuovo mondo alle sue esigenze si accorge ben presto, in seguito ad un ricovero ospedaliero, che è lui a doversi adattare.

E il “cercare di adattarsi” alle situazioni è anche il consiglio che regala ai giovani d’oggi, ai quali, aggiunge, “sembra che tutto sia dovuto”.

Sappiamo che 25 anni fa hai lasciato la Franciacorta per la Cina. A che età hai deciso di partire, e cosa ti ha spinto a prendere questa decisione?

Partiamo da un presupposto. Io, quando ancora ero in Italia, ho sempre detto che a 40 anni l’avrei lasciata, e la mia intenzione era quella di andare a Santo Domingo o in Brasile. Invece… è successo prima; era il 1996 e sono partito per la parte opposta dal mondo: la Cina.

E in Cina, mi ci ha portato il lavoro perché l’azienda nella quale lavoravo come factotum (autista, magazziniere, consulente, controllo qualità) ha fatto una joint venture con un’azienda cinese e mi è stato chiesto di trasferirmi per dirigere questa collaborazione. In poco tempo, mi sono trovato in un mondo completamente diverso, senza parlare né l’inglese, né tantomeno il cinese … solamente un po’ di francese, ma a livello scolastico.

Come ha reagito la tua famiglia quando hai detto loro che saresti partito?

Fortunatamente la mia famiglia non ha mai ostacolato le mie scelte di vita; forse, non erano del tutto felici. Ma penso che questa sia una reazione quasi normale in tutte le famiglie dove un figlio parte per l’estero lasciando la casa natale.   

Sicuramente in questo periodo lontano da casa avrai provato tante emozioni! Qual è stato il tuo ricordo più significativo da quando sei in Cina?

Il ricordo, ed allo stesso tempo, l’emozione più grande, è stato vedere il cambiamento da quando sono arrivato. Giunto qui, davo tutto per scontato… poi ho capito che dovevo adattarmi a questa nuova realtà, e da quel giorno tutto è cambiato.

Sei riuscito ad ambientarti velocemente in questa nuova realtà così lontana, sotto tutti i punti di vista, dalla Franciacorta?

I primi mesi sono stati veramente duri; lo stile di vita era, ed è ancora, completamente diverso dal nostro; cibo, modi di fare, situazioni. Tutta una serie di cose che, solo chi vive qui, può capire. E non parlando la loro lingua, riuscivo a farmi capire solo come noi bresciani sappiamo fare: a gesti. Purtroppo, o per fortuna, dopo 6 mesi a causa dello stress ho avuto un piccolo infarto e sono stato ricoverato qui, in un ospedale cinese. E visto che non tutti i mali vengono per nuocere, in quel momento ho cominciato a capire che dovevo essere io ad adattarmi a loro, e non viceversa. E da quel momento tutto è cambiato.

Quando sei partito eri il factotum della tua azienda. Invece oggi, di cosa ti occupi?

In Italia, come già accennato, lavoravo come factotum (autista, magazziniere, consulente, controllo qualità). Ma la soddisfazione più grande a livello lavorativo, l’ho avuta guidando per 4 anni i bisonti della strada in tutta Europa. E’ stata una sfida personale per vedere con i miei occhi gli stili di vita nel resto dell’Europa; un’esperienza che ho vissuto anche da turista, ma come ben puoi immaginare la cosa è completamente diversa. Qui in Cina, dopo tre anni, in cui ho diretto la joint venture è stata chiusa, e qualche mese dopo ho aperto una piccola azienda che faceva lavorazioni meccaniche. Nel frattempo facevo il consulente come “controllo qualità” per alcune aziende italiane; controllavo la qualità della merce prima che questa venisse caricata nei container diretti in Italia.

Tra il 2001 e il 2004 ho collaborato alla realizzazione di un progetto che prevedeva le aperture di gelaterie e pizzerie con il marchio Stelle d’Italia; un progetto che ho dovuto abbandonare dopo l’apertura di una trentina di locali perché il mercato cinese recepisce solamente i marchi conosciuti.

Dopo quell’esperienza è mi arrivata un’altra offerta, da parte di un’azienda bergamasca, di dirigere un’altra Joint Venture a Changzhou, realtà dove tutt’oggi sono ancora impegnato.  

Ci hai detto che per vivere in Cina hai dovuto cambiare completamente il tuo modo di vedere questa realtà. Com’è oggi la tua vita? 

Da quando sono stato ricoverato ed ho capito che ero io a dovermi adattare a questa nuova realtà, le cose hanno cominciato ad andare decisamente meglio. E così, nel 1997, ho conosciuto questa ragazza, professione poliziotta, con la quale mi sono sposato nel ’98 e da lì abbiamo iniziato a metter su famiglia; subito è nata la nostra prima figlia, e qualche anno dopo, 2005, nostro figlio.

Abituato agli incontri al Number, come si corteggia invece una donna in Cina?

In Cina, come in Italia, il modo di corteggiare una donna non cambia; diciamo che qui, nel lontano 1996, era un po’ più complicato. Le donne avevano ancora un po’ di soggezione nei confronti degli stranieri.

Quali progetti avevi quando sei partito, e quali sono i tuoi progetti futuri?

Il mio progetto iniziale era quello di allontanarmi dall’Italia, con destinazione Santo Domingo; il destino e la voglia di fare una nuova esperienza mi hanno portato invece da quest’altra parte del mondo. Per quanto riguarda il futuro credo che resterò qui in Cina, senza se e senza ma; l’Italia, oggi, è in un vortice che è difficile da fermare. Sto parlando di quei giovani, molti, che credono che tutto gli sia dovuto. Li senti lamentarsi che non trovano lavoro, ma parte in questo periodo, il lavoro c’è e c’è sempre stato. Quello che manca è solo la voglia di lavorare, di adattarsi. Non vogliono fare lavori pesanti o umili, costringendo le nostre aziende ad assumere extracomunitari per fare certi lavori, e così facendo non hanno ancora capito che si sono tirati la zappa sui piedi. Ed oggi danno la colpa agli stranieri di avergli rubato il lavoro.

Come è la vita di un franciacortino all’estero? Quali sono le principali differenze con l’Italia?

La vita qui in Cina è completamente diversa da quella in Italia; una differenza difficile da spiegare. Un turista non vede realmente come funziona la vita qui; un turista viene in Cina, gira per visitare monumenti, strade e parchi, va negli alberghi a 5 stelle e quando torna in Italia, racconta tutto e il suo contrario.

Per quanto mi riguarda io penso che la cosa importante non è dove si vive, ma semplicemente adattarsi alla nuova situazione, ad un nuovo stile di vita.  Se non riesci ad adattarti a questo stile di vita, rischi di fare la fine di un ragazzo di Brescia che mi aveva chiesto di poter venire ad aiutarmi considerando il fatto che aveva una laurea in lingua cinese. A parole mi ha più volte ripetuto che si sarebbe adattato e che avrebbe fatto di tutto, anche il lavapiatti… ma quando è arrivato qui, ha retto un solo mese e poi ha voluto tornare in Italia.

Raccontaci qualche curiosità sulla Cina e sulla località in cui ti trovi!

Qui ci sono un sacco di tradizioni e modi di fare, non è  facile spiegare bisogna viverci per capire. Potrei raccontarti dalle regate con le imbarcazioni tradizionali, della festa del drago all’apertura di una nuova attività commerciale oppure, cambiando completamente argomento, dei riti funebri che qui sono molto sentiti. Riti nei quali, a differenza nostra, il colore del lutto non è il nero, ma il bianco, colore anche dei vestiti che i congiunti indossano accompagnando la bara verso il luogo della sepoltura. Sepoltura che avviene dopo 7 giorni, nei quali si va a trovare il defunto, mangiando e bevendo. E durante il tragitto verso la sepoltura, fuochi d’artificio vengono fatti scoppiare con l’intenzione di far allontanare gli spiriti maligni. Per il rito funebre della madre, un ricco signore di Shangai, è arrivato a spendere 2 milioni di dollari.

Ripensando alla Franciacorta, quale luogo ti è rimasto nel cuore?

La Franciacorta è stata casa, Cologne in primis, ed ogni luogo che ho vissuto è nel mio cuore. Perché ognuno di questi luoghi mi ha dato qualcosa, e mi ha aiutato a crescere.

Quali sono i tuoi rapporti con la Franciacorta, e ogni quanto torni?

Da quando è morta mia madre, in Italia torno ogni tanto e quasi esclusivamente per lavoro; torno per visitare alcuni clienti, ed anche per accompagnare qualche personaggio cinese al quale faccio anche da interprete. Ovviamente, quando rientro in Italia, vado a trovare anche mio fratello e mia sorella, oltre ad alcuni amici. E, non so ancora quando, ma prima o poi se si liberano i voli vengo a fare un giro in Italia, e se riesco ad ottobre vado a fare la 500miglia.

Se potessi portare qualcosa della Cina in Franciacorta, cosa porteresti?

Sicuramente metterei in valigia il rispetto che qui hanno, sia per le cose che per le persone.

E della Franciacorta in Cina?

Porterei la vita che facevamo negli anni 80 e 90, le discoteche e il mitico Number One; quello che non porterei è la vita che state facendo in Italia dal 2010 in poi. Perché per quanto riguarda il resto, qui come in Italia, hai tutto: montagne, laghi, mare, posti ancora incontaminati che vivono delle loro culture.

Parlando di attualità, come hai vissuto e come è stata gestita questa pandemia in Cina?

Penso che qui si sia fatto ciò che andava fatto; abbiamo rispettato le regole stando quasi 3 mesi chiusi in casa, ed oggi il risultato si vede. Abbiamo ricominciato a vivere, non come prima, con ancora delle regole da rispettare… ma dal mio punto di vista, direi che per ora va bene così.

Se oggi ti trovassi in Italia e la tua azienda ti proponesse di partire per l’estero, prenderesti ancora quell’aereo?

Assolutamente si. Come ti avevo già detto, io da piccolo mi ero posto quell’obiettivo, compiuti i 40 anni avrei cominciato una nuova vita, da zero, lontano dall’Italia.

Un’ultima domanda. I giovani d’oggi sono indecisi su quale strada intraprendere per affrontare il loro futuro. Vista la tua esperienza, cosa ti senti di consigliare a questi ragazzi?

Ai giovani direi che la vita non è sempre come sembra, non ci sono solo i diritti ma anche i doveri, e come dicevano il lavoro nobilta l’uomo. Ragazzi, cercate di fare le cose sempre nel migliore dei modi e, soprattutto, non schernite o denigrate che si è adattato a fare un lavoro umile.

Vivi Franciacorta

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