STEFANO ROSA, PERCHE’ LA MUSICA E’ UN VIAGGIO…
Contattiamo Stefano il 15 Febbraio, all’indomani di una serenata al chiaro di luna commissionata da un innamorato il giorno di S. Valentino. Ci si potrebbe sorprendere se non si conoscessero vita, esperienze e ideali di questo giovane musicista di Coccaglio, da 6 anni musicista a tempo pieno, “sposato con le sue chitarre”. Famoso per il suo “Buskitaly tour”, con cui ha girovagato suonando nelle strade di tutta Italia.
È ormai passato un anno dall’inizio dell’era covid. Per te, musicista, cosa ha significato? Come ti sei adattato?
Parlando da musicista è chiaro che questo anno ha bloccato quasi ogni mia attività limitandomi a quelle poche che si possono svolgere a casa, ovvero la composizione e le lezioni di chitarra tramite didattica a distanza. Qualche boccata d’ossigeno l’ho avuta in estate concedendomi dei concerti in strada e quei pochi matrimoni che non sono stati annullati o rimandati all’anno successivo.
In tutta sincerità non ho accusato il colpo, se non dal punto di vista economico, come è facile pensare.
Ho trasformato questo anno nero in un’occasione. Ho riflettuto molto sul percorso che stavo facendo, ho progettato e fatto cambiamenti nello stile di vita e ho delineato meglio la strada da seguire come musicista.
Durante il primo lockdown ho investito i primi due mesi per rinnovare casa e costruire un piccolo studio musicale. Sono convinto che se non avessi avuto questa “opportunità”, avrei continuato a vivere la vita e il mio lavoro non al cento per cento in linea con me stesso e con le mie esigenze. Bisogna saper cogliere anche i lati positivi dei periodi bui, non è vero?
2. Come darti torto! Nella tua grande avventura da “musicista randagio” quale è stato il luogo più curioso in cui ti sei esibito? La tua esibizione più apprezzata? E quella meno?
L’esperienza dell’arte di strada è quella che più mi ha permesso di vedere posti e conoscere gente.
Un posto curioso in cui mi sono ritrovato a suonare è stato sul tetto piano di una casa nel centro di Spinazzola, località delle Murge pugliesi.
Ricordo ancora il giorno, era il 10 agosto 2016 ed ero stato invitato a suonare durante il festival delle cantine del paese. Era una sera stellata e silenziosissima in questo paesino immerso nelle campagne tra Andria e Matera. Io suonavo sul tetto di questa casa e sotto di me, nelle stradine di pietra, camminava la gente sorseggiando vino e mangiando qualche delizia del posto. Alcuni si sedevano in terra ad ascoltarmi, altri osservavano dai balconi delle proprie case. Un’atmosfera davvero surreale e da pelle d’oca. Mi ha riportato con la mente indietro di qualche secolo.
Ci sono state due esibizioni che ricordo con tanto piacere. Una è stata nella piazza di Andria, la sera prima di Spinazzola, in cui nel giro di mezz’ora si erano radunate più di duecento persone intorno a me e anche ai balconi dei palazzi della piazza. Si era trasformato in un vero e proprio concerto con tanto di storytelling tra una canzone e l’altra. La seconda che ricordo è nella piazza centrale di Riva Del Garda nell’estate del 2017; si era riempita quasi completamente la piazza e la gente si alzava dai tavoli dei ristoranti per venire attorno a me. Ho trasgredito la regola della durata dell’esibizione, lo ammetto, ma era una situazione troppo particolare per interromperla e non viverla a pieno.
L’esibizione meno apprezzata, o forse sarebbe meglio dire quella da me vissuta peggio, penso sia stata quella a Castelvetro Piacentino durante una festa patronale. Ricordo che quel giorno non stavo bene già di mio, avevo tanti pensieri, poca voglia di suonare. In più ero stato messo in una posizione decentrata rispetto al centro dell’evento, c’erano già intrattenimenti musicali su vari palchi e quindi mi ero sentito davvero fuori luogo. La gente era distratta, presa da altre cose, quindi dopo neanche quaranta minuti di musica ho rimesso tutto nel carrello e sono tornato a casa. Ma anche queste esperienze servono, forse più di tante altre in cui è tutto rose e fiori.
3. Come definiresti il tuo legame con la Franciacorta? Ami la tua terra?
Quando viaggio per lavoro e sentono il mio accento mi chiedono subito di dove sono. Rispondo sempre “della Franciacorta” prima di dire Brescia. Sono molto orgoglioso di questa terra che sento mia. Abito a Coccaglio che è il primo paese della Franciacorta per chi proviene da sud, proprio sotto le pendici del Monte Orfano. Non si può dire che sia un estimatore o intenditore di vini, ma so quanto sia prestigiosa questa piccola regione che molti chiamano “la Toscana del Nord”. Qui ho fatto tutto quello che mi ha reso la persona che sono oggi, sia umanamente che lavorativamente. Qui ho mosso i miei primi passi nella musica, ho fatto i miei primi concerti, ho vissuto quasi tutte le mie amicizie e penso che costruire una forte identità con la propria terra sia essenziale per saper apprezzare anche ciò che è nuovo, per aprirsi agli altri, al nuovo, senza barriere.
Quello che provo per la mia terra non è orgoglio fine a se stesso, chiuso, difensivo, ma è orgoglio sereno, felice, aperto allo scambio.
4. Hai viaggiato molto, cosa porteresti in Franciacorta da uno dei tuoi viaggi? Cosa ti è terribilmente mancato nelle tue trasferte?
In Franciacorta porterei più rispetto per il verde, che oggi vedo brutalmente deturpato a causa dei soliti “grandi” interessi di pochi. C’è ancora troppo poca consapevolezza dell’importanza della salute dell’ambiente, a maggior ragione in una terra pregiata come questa.
In Franciacorta porterei anche più valorizzazione del territorio dal punto di vista storico e culturale. La Franciacorta è una delle terre più antiche parlando di insediamenti romani, forse la prima terra settentrionale in cui si insediarono. Siamo pieni di storia e cultura ma vedo che non viene valorizzata a sufficienza come invece ho visto altrove, pur avendone in meno quantità.
Sono sincero, quando viaggio non mi manca nulla. Non sono una persona nostalgica. Mi adatto facilmente al posto in cui mi trovo. Ho sempre amato viaggiare, sia fisicamente che sui libri, guardando documentari. Trovo molta vita nell’esperienza di viaggio. La mia testa è più focalizzata sul conoscere il nuovo piuttosto che restare ancorata a casa e all’attesa del ritorno. Quello che mi manca del ritorno a casa forse è il racconto alle persone vicine di ciò che ho vissuto, ma so che è solo questione di tempo e fa anche questo parte dell’esperienza del viaggio.
5. Anche noi di Vivi Franciacorta abbiamo colto la straordinaria ricchezza storica e culturale del nostro territorio e siamo nati proprio per valorizzarlo! (ps: anche attraverso questa intervista ;.) )
La pandemia ci ha costretti a rivedere molti progetti, sappiamo delle tue lezioni online su Twitch e delle tante iniziative virtuali. Quali sono i tuoi progetti futuri?
Le lezioni di chitarra su Twitch sono state un’esperienza simpatica e formante sotto diversi punti di vista. Non la continuerò, perchè ora riprendo pian piano le mie altre attività musicali e non voglio che finiscano per sovrapporsi. Sono fiducioso nel futuro e per mia natura tendo a pensare positivo. I miei progetti futuri, per ora, non includono attività svolte a distanza, limitate. Sono tutti progetti aperti in tutti i sensi. Ho voglia di tornare a viaggiare con e per la musica, quindi non appena si potrà tornerò a suonare in strada e a viaggiare per l’Italia con il van. Ho deciso che per un po’, suonerò sempre meno nei locali pubblici, concentrandomi di più sugli eventi privati, sull’arte di strada e sull’insegnamento. Questi sono i tre focus ai quali intendo dedicare tutte le mie energie.
6. Qual è la cosa più bella che ti è successa suonando in strada?
Nei quasi trecento concerti in strada sono successe le cose più varie, strane, belle e forti ma alcune sono rimaste stampate nella mente e nel cuore per la loro potenza e sincerità. Prima fra tutte è quella vissuta sempre in quel famoso agosto 2016 durante una delle prime tappe del tour italiano. Mi trovavo in piazza a Carpi durante il mercato settimanale e mentre stavo cantando si è avvicinata una signora anziana che, dopo aver frugato per qualche minuto nella borsetta, mi ha lasciato qualcosa accanto alla custodia. Una volta finito il concerto sono andato a vedere cosa fosse.
Mi aveva lasciato un fazzoletto di seta tutto ricamato e sopra ci aveva posato un euro. La bellezza, la delicatezza e il rispetto dentro a quel gesto li porto ancora dentro.
Ho il grande rimpianto di non aver potuto ringraziare quella signora nel modo giusto.
7. Cosa diresti ad un ragazzo che ha il sogno di vivere di musica?
La musica, come ogni disciplina, ha bisogno di impegno, dedizione ma principalmente amore. Bisogna ascoltarsi con sincerità, mettere in dubbio quelle che sembrano certezze in modo da capire se realmente si desidera vivere questo sogno. Una volta che lo si è capito bisogna lasciar perdere ciò che fanno gli altri in termini di successo e facilità d’arrivo. Niente è facile ed immediato. Dietro ogni artista che ce l’ha fatta c’è tantissimo lavoro e ci sono ancor più errori e scelte sbagliate. Non si deve aver paura di sbagliare e correggersi. Oggi vedo troppi giovani intimiditi dalla possibilità di sbagliare e di esser giudicati per questo.
Da quando avevo 15 anni fino ai 25 il mio sogno era quello di girare il mondo con la mia band suonando sui palchi più grandi. Oggi il mio sogno è quello di suonare nelle vie e piazze anche dei paesini più sperduti o di suonare in un angolino come atmosfera durante una serata tranquilla.
Odio i palchi, odio ogni cosa che mi mette in una posizione più “alta” e visibile rispetto agli altri. Questo è frutto di un lungo processo di maturazione e conoscenza di chi sono e cosa voglio. Lo sbaglio più grande che si può fare in un’arte come la musica, è quello di pensare che la via per viverla sia solo una, quella del successo, della tv o dei grandi palazzetti. La musica può essere vissuta in mille modi e bisogna solo ascoltarsi, essere pronti a provare ogni cosa nuova che ci permetta di rimetterci in discussione e aggiustare il tiro.
Noi di Vivi Franciacorta ti auguriamo di goderti ogni attimo in musica! Grazie per averci fatto vivere un po’ del tuo mondo!