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STORIE DAL MONDO – Alice, un’Interaction Designer tra le aurore boreali.

Erbusco non è solo una distesa di vigneti. Erbusco è anche l’insieme delle storie dei suoi abitanti che hanno deciso di costruirsi un futuro lontano dalla terra natia.

E tra i protagonisti di queste storie, troviamo anche Alice Andreoli, un’altra delle ragazze del 1984, che ha spiccato il volo. La passione per i paesi nordici e quel sogno che si realizza dopo la laurea triennale a Milano.

Ciao Alice, sappiamo che hai lasciato Erbusco per la Svezia. Cosa ti ha spinta a prendere questa decisione?

Ho sempre avuto una passione/interesse per i paesi nordici. Ci sono stata prima in vacanza e poi ho deciso che avrei voluto studiare lì, e così ho fatto. Mi sono trasferita a Oslo, Norvegia, (dopo la laurea triennale a Milano) per fare un master in inglese in Interaction design. Lì ho conosciuto quello che è il mio attuale compagno (svedese) e poi ci siamo trasferiti in Svezia. In generale quello che mi ha spinto di più e il fatto che sono sempre stata interessata allo stare in contatto con persone di altre culture. E’ una cosa che mi ha aperto molto la mente. Poi di questi paesi mi piacevano i paesaggi, la meritocrazia e il welfare.

Sicuramente avrai provato tante emozioni in questi tuoi undici anni da svedese! Qual è stato il tuo ricordo più significativo?

Sono ben 14 anni ormai che sono via dall’ Italia. Prima appunto in Norvegia (3 anni) e ora in Svezia (11 anni). Forse una delle emozioni più belle è stata quella di vedere il sole di mezzanotte, le aurore boreali, le isole e i fiordi delle costa norvegese.

Quale è stata la prima reazione della tua famiglia quando hai comunicato la tua scelta di volerti trasferire al nord?

Non è stata una grande sorpresa per loro. Ero già stata lì in vacanza e sapevano che prima o poi mi sarei voluta trasferire all’estero. Ho sempre avuto questo bisogno/desiderio. Un desiderio coltivato anche in seguito alle vacanze studio fatte, tra Inghilterra, Malta e Stati Uniti, in età adolescenziale.

Sei riuscita ad ambientarti velocemente in una nuova città?

In questi anni in Scandinavia ho vissuto in 3 posti. Oslo, Stoccolma e Östersund. A Oslo ho appunto studiato quindi mi sono ambientata molto in fretta grazie all’ambiente universitario. A Stoccolma e a Östersund (città natale del mio compagno) ci è voluto un po’ più di tempo ma ora ho rapporti e amicizie forti qui. Mi sento a casa sia qui che in Italia. In generale mi sono sempre sentita la benvenuta ovunque e mi hanno sempre vista come una persona che poteva dare un valore aggiunto per la mia diversità e per il mio background!

Quali progetti avevi quando sei partita, e quali sono i tuoi progetti futuri?

Laurearmi, trovare un buon lavoro come interaction designer, fare carriera, avere una famiglia. Lì ho realizzati tutti. I progetti futuri sono quelli di riuscire ad avvicinarsi di più di nuovo all’Italia e soprattutto alla nostra zona. Vorremmo comprare una seconda casa lì e magari almeno io lavorare in remoto a periodi. Vedremo … Insomma, avere il meglio dei due posti. E poi continuare a viaggiare appena sarà possibile. Qui abbiamo molti giorni di vacanza all’anno e di congedo parentale, quindi cerchiamo di farli fruttare con esperienze di viaggio.

La Svezia, per te, adesso è casa. Ma facendo un passo indietro, oltre alla lingua, quali difficoltà può incontrare uno “straniero” che cerca occupazione? Quali possibilità di carriera? E per avviare una nuova attività?

Tutte le difficoltà che si possono incontrare dipendono, ovviamente, dal tipo di lavoro. Se si è specializzati in qualcosa e si ha un titolo di studio, non è per nulla difficile. Per me, che avevo un master e sapevo l’inglese, è stato estremamente facile. È bastato quello, e il corso di svedese me l’hanno pagato loro. Se invece si è alla ricerca di un lavoro per cui non servono specializzazioni particolari, la conoscenza della lingua diventa molto importante.

Per il resto si ha a che fare con una cultura diversa in cui, all’inizio, può essere più difficile socializzare, ma dipende da azienda ad azienda. Gli altri cambiamenti, tutti legati alla diversità della cultura, secondo me sono solo positivi; la meritocrazia, gli straordinari che praticamente non esistono e il fatto che tutti sono considerati uguali (ovvero non ci sono gerarchie al lavoro, semplicemente ruoli diversi). Un’altra cosa positiva è che gli stipendi, qui, crescono ogni anno! In Svezia al momento c’è molto bisogno di medici, infermieri e programmatori. Avviare un’ attività in proprio da quello che ho capito è molto semplice. Si fa tutto online. Pochissima burocrazia e si parte!

Raccontaci qualche curiosità sulla città in cui vivi e la Svezia!

A Östersund ogni inverno la neve arriva a dicembre e rimane fino ad aprile. Non se ne va mai… e il lago che abbiamo qui si ghiaccia… E sul lago ghiacciato, ci si può pattinare, camminare, andare con gli sci di fondo e, in certi tratti, addirittura passare in auto.

Un argomento che oggi è sulla bocca di tutti, è questa pandemia. Un virus che ci ha colto impreparati e che in Italia, oltre a limitare i viaggi sta creando non poche difficoltà al mondo del lavoro. Come è stata affrontata, a livello lavorativo, la situazione in Svezia?

Sono stati dati sussidi subito a tutte le aziende che ne avevano bisogno. Ovvero tante persone sono state messe in disoccupazione temporanea per un periodo, ma con la garanzia di riavere il posto di lavoro. Tanti hanno lavorato ad orario ridotto ad esempio ricevendo comunque il 90% dello stipendio. Poi hanno tolto molte tasse per le aziende e per quelle persone che comunque sono state licenziate, la disoccupazione mensile è stata alzata (più soldi al mese).

Ripensando alla Franciacorta, quale luogo ti è rimasto nel cuore?

Ovviamente Erbusco perché è dove sono cresciuta ma anche Iseo, perché sono nata lì e il lago in generale. Noi scendiamo in Italia 3 volte L’ anno e ci piace passare il nostro tempo lì.

E se potessi portare qualcosa dalla Svezia in Franciacorta, cosa porteresti?

Porterei la cultura del lavoro che c’è qui… Anzi, la vorrei portare in tutta Italia in realtà! Il fatto di prendersi cura del lavoratore, di vederlo come una persona, di capire i suoi bisogni e di cercare di creare la situazione lavorativa migliore possibile in modo che renda al massimo. E poi, la cultura del tempo libero che qui è sacro, il fatto di poter avere una famiglia e una carriera allo stesso tempo, e la parità di genere. Ad esempio io e il mio compagno abbiamo sempre diviso a metà il periodo in cui si può stare a casa in congedo familiare. E ancora l’attenzione alla salute mentale e fisica delle persone … e l’attaccamento alla natura e il rispetto per l’ambiente.

A distanza di 14 anni, rifaresti la scelta che hai fatto? Cosa consigli a chi, non trovando occupazione in Italia, vorrebbe costruirsi un futuro oltre confine?

Si, assolutamente! Era più un bisogno che una scelta per me! Questa esperienza mi ha cambiata e fatto crescere molto. Ora però sento più un bisogno inverso, quello di riavvicinarmi all’Italia, ma vorrei farlo senza perdere tutti questi privilegi che ho nel vivere qui.

Consigli utili? Buono sapere almeno l’inglese, e avere una specializzazione in qualcosa aiuta molto. Ma allo stesso tempo, qui i titoli di studio non interessano molto. L’importante è saper fare qualcosa bene. Quindi puntare sul proprio valore aggiunto e cercare di mostrare proprio quello in un colloquio lavorativo.

E poi, viva le semplicità. Qui sono molto informali e abituati al digitale; basta mandare una mail alle aziende che interessano, allegando il proprio CV e una lettera di presentazione. Se ti vogliono non si fanno tanti problemi ad assumerti anche se al momento abiti ancora in Italia. E se non sei interessante ti rispondono comunque e sempre.

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